“Le voci di Marrakech” di Elias Canetti.
Libro poco catalogabile: può essere un diario di viaggio, una riflessione antropologica, una narrazione di episodi di vita vissuta, a volte apparentemente banali, ma in cui l’autore riesce a inserire chiavi di lettura profondamente poetiche. Ma soprattutto è un’educazione all’ascolto. E a parlare sono le voci della città di Marrakech, dove Canetti ha vissuto per un periodo degli anni ’50: mercanti, allevatori di cammelli o di asini, bambini, donne che cantano dietro una finestra, santoni, mendicanti, cantastorie. Qui lui, ebreo poliglotta, comprende ben poco di ciò che viene detto perché non ha voluto imparare l’arabo, per lasciarsi affascinare, sorprendere, catturare dal suono delle parole, delle grida, delle canzoni, dei lamenti. E la capacità narrativa è tale che leggendo anche noi riusciamo a udire le voci di Marrakech.
“Io sogno un uomo che disimpari a tal punto le lingue della terra da non comprendere più, in nessun paese, ciò che dice la gente.”
“Non volevo perdere nulla della forza di quelle strane grida. Volevo essere colpito da quei suoni per ciò che essi erano,e non volevo che nulla fosse attenuato da cognizioni inadeguate e artificiose.”
https://webopac.csbno.net/opac/detail/view/csbno:catalog:338315
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